mercoledì 16 gennaio 2013

VALDOBBIADENE DOCG: AUTOCTONO TERROIR DI BOLLICINE


VALDOBBIADENE DOCG: AUTOCTONO TERROIR DI BOLLICINE

Il Prosecco è un vino di antica origine e la sua storia è univocamente legata con la zona di produzione e alle vicende che hanno caratterizzato il trascorrere delle generazioni di produttori nel territorio. Un vino per essere “grande” deve essere intimamente legato con il territorio di produzione valorizzandone la storia, la cultura, la tradizione. Il Prosecco sino al 2009 faceva riferimento ad un vitigno (ora glera) e come tale poteva essere coltivato in ogni parte del mondo, con risultati che non possono essere paragonati con quelli del ConeglianoValdobbiadene in cui questo vino viene prodotto da almeno 300 anni. Per protegger il Prosecco nel 2009 la zona storica e maggiormente qualitativa di ConeglianoValdobbiadene è passata da DOC a DOCG, privilegiando il concetto di terroir, mentre quella pianeggiate è divenuta DOC questo ci permette la tutela della denominazione di origine a livello internazionale.
Il Prosecco era un vitigno (ora Glera) di antichissime origini addirittura precedente alla colonizzazione dei Romani, come afferma il Professor Dalmasso, avvenuta circa 200 anni avanti cristo anche se esso è documentato soltanto dagli ultimi anni della Repubblica di Venezia e quindi vive tra le colline trevigiane  da almeno 300 anni. Nel 100 a.c. era avvenuta la centuriazione del territorio trevigiano attorno a Treviso, Oderzo, Conegliano, Ceneda ed Asolo e i coloni Romani avevano piantato sia in collina che in pianura le viti. Non è immediato stabilire una data di inizio della coltivazione della vite 
nella zona di ConeglianoValdobbiadene, alcuni Poeti Latini passando in questa zona portano testimonianza che già più di 2000 anni fa sulle colline di ConeglianoValdobbiadene si coltivava la vite. Il Poeta Virgilio (70-19 a.c.) di passaggio tra queste terre afferma:
“Adspice, ut, autrum silvestris raris sparsit lambrusca recemis”  “guarda come la vite selvatica, la lambrusca, ha ricoperto qua e là la grotta con i suoi grappoli. Pochi anni più tardi il poeta può invece cantare: “Lentae textunt umbracula vites”  “le viti flessibili tessono ombre leggere”.
Un’altra importante testimonianza ci viene da San Venanzio Fortunato originario di Valdobbiadene, vescovo di Poitiers, che di Valdobbiadene afferma con nostalgia:”QUO VINETA VERNANTUR, SUB MONTE JUGO CALVO, QUO VIROR UMBROSUS TEGIT SICCA METALLA” (“luogo dove germoglia la vite sotto l’alta montagna, nella quale il verde lussureggiante protegge le zone più disadorne”). Ciò testimonia che nel 500 sulle colline di  ConeglianoValdobbiadene c’era una fiorente viticoltura, ancora prima che arrivassero i Longobardi.
Un fatto importante che testimonia l’importanza del vino di ConeglianoValdobbiadene, dal punto di vista economico, si ha nel 1318 quando alcuni mercanti Tedeschi comprano a Conegliano 21 carichi di vino con la condizione che il dazio fosse pagato dai venditori Coneglianesi. Ma quando i Tedeschi partirono con il carico di vino e si diressero verso Serravalle un emissario del Podestà di Treviso li fermò e dirottò la colonna con le botti verso la città. Conegliano si lamentò subito con il podestà di Treviso pregandolo di far restituire agli acquirenti il vino e i cavalli sequestrati. La questione fu vagliata al Consiglio dei Trecento che aveva la facoltà deliberativa e con 196 voti a favore e 27 contro il vino e i cavalli furono restituiti ai tedeschi a patto che Conegliano pagasse il dazio. I vini di ConeglianoValdobbiadene erano per affermazione di Bonifaccio, molto preziosi e garantivano un buon reddito ai produttori della zona. Si ricorda nel 1532 il passaggio di Carlo V per Conegliano, al quale venne offerto l’eccelentissimo vino di Collabrigo e del Feletto. Nel 1500 Venezia comprese che era più conveniente rifornirsi di vino nella terraferma veneta, trevigiano, padovano, friuli, rispetto alla puglia e alle isole greche. Barche cariche di botti di vino arrivavano a Venezia dal Piave, dal Brenta, dal Sile, dal Livenza quotidianamente e andavano alla mensa dei veneziani. In questi anni i mercanti della Serenissima compravano grandi quantità di vino a Conegliano cercando di frenare in ogni modo le esportazioni verso il centro europa, con interventi di natura fiscale. I produttori di Conegliano e del Felettano non volevano assolutamente perdere i mercati tedeschi, floridi da secoli, ne veder diminuito il flusso del proprio vino verso il centro europa a favore di Venezia.  Nel 1544 il Consiglio della Magnifica Comunità di Conegliano aprì addirittura una vertenza con il rettore veneziano Giacomo Gabrielli inviando ambasciatori a Venezia perché fossero rispettati gli antichi privilegi, sottolineando “di quanta importantia et momento sia vender li vini di monte di questo territorio quali per la maggior parte sono allevati e comprati da tedeschi con utile universale di questa terra”.
Per gli abitanti di Conegliano e dei colli vicini il vino era diventato nel tempo il prodotto più importante quasi loro stendardo di nobiltà per mostrarlo all’intera europa.  Nel 1574 al passaggio di Enrico III Re di Pollonia che si recava a Parigi per essere incoronato Re di Francia la comunità di Conegliano fece sgorgare per un giorno intero dalla fontana del Nettuno il vino bianco dei colli. Già 150 anni prima il Doge Francesco Foscari aveva citato in una Ducale del 6 novembre 1431 il vino bianco e ottimo del Feletto. Infine nel 1606 Zaccaria Contarini in una relazione al senato veneto per indicare di quanta importanza fosse la produzione enologica di Conegliano, stimava la produzione di vino bianco in 5000 botti annue che andavano in gran parte in Germania e Polonia. La lenta e inesorabile agonia della Repubblica di Venezia iniziata nel 1492 con la scoperta dell’America e resa sempre più palese nel 1600 con lo spostamento progressivo dei traffici commerciali dal Mediterraneo all’Atlantico. Il declino coinvolse nel 1700 anche la terraferma Veneta e per lo più il comprensorio di ConeglianoValdobbiadene fu investito da un’ondata di gelo che fece morire gran parte del patrimonio viticolo della zona. Nelle città a causa della crisi economica si andava espandendo una volgarizzazione dei consumi che privilegiava i vini di bassa qualità con ripercussioni negative nelle aree di produzione. Il 1700 è quindi un secolo cupo per la viticoltura di ConeglianoValdobbiadene seppur fervido di dibattiti e proposte nuove.
Questa è la terra del ConeglianoValdobbiadene Prosecco DOCG e al di là delle molte leggende che ne avvolgono le lontane origini, inizia di fatto con la nascita delle Accademie di Agricoltura volute dalla Repubblica di Venezia sul tramontare della sua millenaria vita. Tra queste quella di Conegliano nata nel 1769 come evoluzione dell’Accademia degli Aspiranti fondata nel 1603 e proprio in un intervento all’Accademia di Agricoltura di Conegliano il 26 febbraio 1772 il sacerdote Antonio Del Giudice soffermandosi sulla “impurità e quindi la poca curabilità dei vini delle colline di Conegliano afferma che questo difetto non è dovuto alla natura del terreno ma all’imperizia dei fabricarli e alla cattiva scelta che si fa delle viti, la cui moltiplicazione era la causa della mancata produzione di vino puro e durevole”. I problemi evidenziati dal sacerdote erano evidenti prima di tutto la negligenza dei padroni, cioè il loro disinteresse per i possedimenti agricoli, lasciati privi di investimenti e di cure, e la scelta delle viti da mettere in produzione. Vengono estirpate le viti poco produttive, che producevano vini di elevata qualità, a favore di quelle più produttive con grave danno per la qualità del prodotto. Nei resoconti di un intervento per rinnovare e fissare le regole della vitienologia sempre nel 1772 in questa accademia si legge che l’accademico Francesco Maria Malvolti, pone una domanda:”Chi non sa quanto siano squisiti i nostri Marzemini, Bianchetti, Prosecchi, Moscatelli, Malvasie e Grassari che in varie di queste colline si formano?”. L’importanza della domanda sta nel fatto che è la prima volta che nominato il Prosecco, che quindi è prodotto ed apprezzato da prima della seconda metà del 1700. Un altro intervento all’Accademia di Conegliano nel 1778 è del Conte Pietro Caronelli che lamentava la diminuzione delle esportazioni in Germania dei vini prodotti nella zona e proponeva di impedire l’accrescimento del cattivo vino con il conseguente adacquamento del medesimo e invitava a selezionare le viti da impiantare tra: Marzemina Nera, Bianchetta, Pignola nera e bianca. Scartando invece le volgarmente denominate dell’Occhio e Verdise di cui la prima da un mosto aspro mentre la seconda acqueo ed insipido.
Non si conosce quando e in che modo l’antenato del Prosecco sia giunto dal Carso alle terre di ConeglianoValdobbiadene, ma questa data può essere fissata negli ultimi decenni di vita della Repubblica di Venezia, intorno al 1750. Mentre la Serenissima era ormai al tramonto sorgono nelle colline di ConeglianoValdobbiadene nuovi fermenti proprio in quel settore che da molto tempo appariva il più trascurato. Il 1700 come detto è stato un secolo difficile per la vitienologia Trevigiana, ma sul finire del secolo su sollecitazione della borghesia, sensibile ai cambiamenti che proprio in quei tempi avvengono in Francia, nascono nuovi propositi di rinnovamento nel settore.  Il ruolo più importante fu assunto dall’Accademia di Conegliano istituita nel 1769 come evoluzione dell’Accademia degli Aspiranti fondata sempre a Conegliano nel 1603. Queste accademie erano in sostanza dei circoli culturali formati da proprietari viticoli, tecnici, studiosi ed intellettuali che si riunivano per dibattere i comuni problemi con i massimi esperti del settore, catalogare in modo sistematico i vigneti, la loro estensione, qualità e quantità di uva prodotta. In una di queste assemblee nel 1772 viene citato per la prima volta dall’accademico Francesco Maria Malvolti il Prosecco. Il Prosecco nasce da un’uva non autoctona perché tornando agli interventi di Del Giudice e Caronelli all’Accademia Agraria di Conegliano non si trova nominato il Prosecco tra i vecchi vitigni delle colline di  ConeglianoValdobbiadene. Non ci sono per ora arrivati documenti del passaggio del Prosecco dal Carso al  ConeglianoValdobbiadene, ma nel 1772 il Malvolti la considera come uno dei vini prodotti nella zona e questo fa pensare che fosse qui coltivato da diversi anni. A ricordarlo è anche il reverendo Del Giudice che lo considera uno dei migliori vitigni insieme alla Bianchetta e alla Marzemina. Fatto di importanza storica se si considera che ancora oggi la Bianchetta è coltivata tra le colline di ConeglianoValdobbiadene e rappresenta la continuazione storica che fin dal medioevo ha fatto del bianco di  ConeglianoValdobbiadene uno dei più richiesti ed apprezzati. Mentre il Prosecco è diventato lo spumante Italiano più famoso, oltre che ad essere principe assoluto delle nostre colline. La caduta della Repubblica di Venezia del 1797 non intaccò nei viticoltori e nelle autorità la voglia di rilanciare la viticoltura ed enologia del ConeglianoValdobbiadene. In seguito al Congresso di Vienna del 1815 l’imperatore dell’Austria-Ungheria, succeduto al governo del Lombardo Veneto, alla Repubblica di Venezia e poi a Napoleone, spinto dalla necessità di conoscere il patrimonio viticolo della regione da incarico al Conte Pietro di Maniago di formulare un catalogo dei vitigni coltivati, che questo gli consegnerà nel 1823. Maniago cita per le colline di ConeglianoValdobbiadene la Perella, la Pignoletta bianca, la Verdisa lunga(strascalone), dell’Occhio, Marzemino nero e Prosecco.  
Verso il 1850, quando queste terre appartenevano ancora all’Impero Austro-Ungarico, lo studioso Gian Battista Semenzi a proposito dei vini prodotti nel  ConeglianoValdobbiadene afferma:” Nelle colline le uve producono i squisitissimi vini bianchi sono: la Verdisa, la Prosecca e la Bianchetta. Questi vini venivano venduti in Carinzia e in Germania cioè in quella Mitteleuropa di cui il Veneto faceva parte integrante. Alcuni anni dopo la nascita dello stato Italiano(1861) il parlamento decide di redigere un’indagine sulle condizioni dell’agricoltura italiana “Inchiesta Jacini”. Per il territorio di ConeglianoValdobbiadene i ricercatori consigliano di estirpare i vecchi vigneti e sostituirli con altri di qualità superiore. All’epoca si producevano nel comprensorio di ConeglianoValdobbiadene 25000 hl di Verdiso, 6600 di Bianchetta, 3800 di Boschera e 3200 di Prosecco che quindi era un vitigno del tutto secondario. Alcuni anni più tardi nel 1868 grazie all’impegno del Dottor Antonio Carpenè e dell’Abate Felice Benedetti, presidente del Consorzio Agrario di Conegliano, viene fondata sempre a Conegliano la Società Enologica Trevigiana.  Questa nuova istituzione fu di portata dirompente per l’ancora stagnante viticoltura Trevigiana innescando una rivoluzione vitivinicola i cui frutti positivi iniziano ben presto a farsi vedere, specie per il Prosecco che verrà allevato sempre più in purezza, mentre prima era misto con altre varietà. I mertiti di aver dato inizio alla storia moderna del Prosecco vanno al Conte Marco Giulio Balbi Valier che negli anni sucessivi al 1850 aveva isolato e selezionato un clone di Prosecco migliore degli altri, individuato ancora oggi come “Prosecco Balbi”. Il Conte da alle stampe nel 1868 un libretto composto “Per le auspicatissime nozze Bianchini-Dubois” in cui descrive le proprie coltivazioni che si trovano a metà tra Conegliano e Valdobbiadene a Pieve di Soligo. Egli scrive:” un quarto delle suddette Pertiche cen.380, non potendosi con esattezza precisare la quantità è tutta a vigneto, che piantai a viti Prosecche, più sicure ed ubertose di ogni altra qualità, e che danno un vino bianco sceltissimo, pieno di grazia e di forza”. Nasce dunque in questi anni la moderna avventura di un vino che in un secolo ha saputo conquistare il mondo grazie alla perizia di viticoltori, vignaioli ed istituzioni che lo hanno saputo esaltare al meglio. Va ricordata la Scuola di Viticoltura ed Enologia di Conegliano nata nel 1876 come erede della Società Enologica Trevigiana. Questa scuola concepita da Antonio Carpenè insieme a Gian Battista Cerletti ha avuto tra i suoi docenti più noti, personaggi di altissimo prestigio internazionale come Arturo Marescalchi, Giovanni Dalmasso e Luigi Manzoni i quali posero le basi per la moderna Scienza viticola ed enologica.  Marescalchi fu chiamato al governo come sottosegretario all’Agricoltura, Dalmasso fondò l’Accademia della Vite e del Vino e fu preside della facoltà di Agraria dell’Università di Torino mentre il Manzoni realizzò quei felicissimi incroci che tramandano il suo nome, legato a vini davvero eccellenti. Questa scuola ha rappresentato il volano per lo sviluppo enologico non solo del ConeglianoValdobbiadene ma dell’intera viticoltura italiana. Allievi usciti da questa scuola sono andati nelle più importanti aziende italiane, ed estere come: Sudafrica, California ed Australia. L’impostazione della Scuola Enologica di Conegliano è di tipo Universitario non limitandosi a trasmettere la più avanzata cultura Enologica, ma indirizzando gli allievi nel campo della ricerca. Proprio questo settore risultò vincente, la realizzazione di nuovi vigneti sperimentali per allevare nuovi vitigni, descriverli e ammodernare le tecnologie d’impianto e produzione per combattere le malattie e migliorarne gli sbocchi commerciali I primi anni di attività didattica della scuola mise in luce la necessità di approfondire il campo della ricerca dopo che malattie come  la filossera, oidio e peronospora oltre che la Prima Guerra Mondiale avevano devastato la viticoltura del ConeglianoValdobbiadene, colline occupate per un anno intero dalle truppe Austro-Ungariche. Dopo la guerra i produttori e docenti sentivano il bisogno di una nuova Istituzione dedita in maniera specifica alla ricerca scientifica e capace di risolvere i problemi quotidiani dei viticoltori. Di questa esigenza presero atto i professori Giusti e Dalmasso che studiarono la struttura da dare alla nuova istituzione. Nacque così nel 1923 la Stazione Sperimentale di Viticoltura ed Enologia di Conegliano la quale, unica nel suo genere, fu diretta dal professor Giovanni Dalmasso con la collaborazione di altri due grandi scienziati, Italo Cosmo e Giuseppe Dall’Olio. Sulla scia di un’antica tradizione iniziata nel 1603 con l’Accademia degli Aspiranti, poi con l’Accademia di Agricoltura nata nel 1769, quindi nel 1868 con la Società Enologica Trevigiana, nel 1876 con la Scuola di Viticoltura ed Enologia ed infine con la Stazione Sperimentale di Viticoltura ed Enologia, Conegliano si pone all’avanguardia in italia per gli studi e le ricerche conservando fino ad oggi il suo primato a servizio di una viticoltura di continuo sviluppo qualitativo.
Ma è nell’ultimo dopoguerra che il ConeglianoValdobbiadene esprime al meglio le sue grandi potenzialità. E’ concluso da poco il Secondo Conflitto Mondiale quando i più attenti viticoltori di Valdobbiadene si organizzano per difendere, valorizzare la viticoltura collinare e l’antica tradizione vitivinicola, costituiscono il 14 agosto 1945 la Confraternita dei Cavalieri del Prosecco. Questa Confraternita è sempre attenta a far conoscere ai propri soci le indicazioni utili allo sviluppo della vitienologia collinare di Conegliano Valdobbiadene, accogliendo le personalità più emineti dell’enologia italiana come: Giovanni Garoglio, Italo Cosmo, Giuseppe Dall’Olio, Francesco Fabbri senatore e ministro della Repubblica, Giuseppe Schiratti fondatore della Strada del Prosecco e l’accademico Giuseppe Mazzotti noto per l’impegno a la valorizzazione delle tradizioni e del patrimonio culturale ed artistico della Marca Trevigiana. Emerge la necessità, oltre che avere le istituzioni e gli uomini, di incidere sull’aspetto legislativo per migliorarne la qualità e salvaguardare la tipicità del ConeglianoValdobbiadene Prosecco. Nasce così il 7 giugno 1962 il Consorzio di Tutela del vino ConeglianoValdobbiadene Prosecco con sede a Villa Brandolini presso Solighetto di Pieve di Soligo. Da allora il Consorzio opera con grande intelligenza e determinazione per difendere, valorizzare e promuovere l’immagine del Prosecco facendolo conoscere non solo in italia ma anche all’estero offrendo agli estimatori di tutto il mondo caratteristiche inimitabili proprie soltanto della terra d’origine ossia ConeglianoValdobbiadene.
Il risultato dell’impegno dei produttori e del Consorzio di Tutela si fanno subito vedere tanto che nel 1963 Valdobbiadene diventa ufficialmente capitale non solo del Prosecco ma dell’intero mondo dello spumante italiano con la Mostra Nazionale degli Spumanti nella prestigiosa Villa dei Cedri di Valdobbiadene, punto d’incontro tra tutti gli spumantisti italiani fra cui quelli di Prosecco occupano un posto di tutto rilievo. Alcuni anni più tardi nel 1969 il ConeglianoValdobbiadene conquista un altro prestigioso risultato quando il comprensorio collinare ottiene la DOC e il vitigno Prosecco il maggiore riconosciuto dal disciplinare di produzione. Quarantanni dopo, luglio 2009 ottiene il massimo riconoscimento Italiano per un vino, la DOCG denominazione di origine controllata e garantita. Questo riconoscimento viene osservato sempre con maggiore interesse anche lontano dalla zona di produzione e comincia ad essere richiesto nei ristoranti ed enoteche più esclusive di tutto il mondo. In questi anni il ConeglianoValdobbiadene DOCG Prosecco Superiore è divenuto lo spumante più richiesto in italia e nel mondo, grande vanto per un vino davvero unico e come ha scritto Tullio De Rosa, ricercatore tra i più preparati ed intelligenti e vero maestro dei giovani enotecnici usciti dalla Scuola di Conegliano:

dalle colline da cui nasce esso diffonde la sottile malia su quanti lo ricercano nelle tiepide giornate di primavera, quando il suo profumo di fiori, il suo profumo di miele selvatico si mescola con i cento, coi mille profumi di fiori che allora innondano le rive. Un calice di Prosecco, dal bel paglierino leggero, scrico di tinta, con qualche perla gassosa che si svolge nel bicchiere, è un compiacimento, è un godere le piccole gioie che ancora riusciamo a strappare alle preoccupazioni di tutti i giorni. Così dev’essere un bianco: un invito a bere, un poco d’umanità a nostra disposizione”.