VALDOBBIADENE DOCG: AUTOCTONO TERROIR DI BOLLICINE
Il Prosecco è un vino di antica origine
e la sua storia è univocamente legata con la zona di produzione e alle vicende
che hanno caratterizzato il trascorrere delle generazioni di produttori nel
territorio. Un vino per essere “grande” deve essere intimamente legato con il
territorio di produzione valorizzandone la storia, la cultura, la tradizione.
Il Prosecco sino al 2009 faceva riferimento ad un vitigno (ora glera) e come
tale poteva essere coltivato in ogni parte del mondo, con risultati che non
possono essere paragonati con quelli del ConeglianoValdobbiadene in cui questo
vino viene prodotto da almeno 300 anni. Per protegger il Prosecco nel 2009 la
zona storica e maggiormente qualitativa di ConeglianoValdobbiadene è passata da
DOC a DOCG, privilegiando il concetto di terroir, mentre quella pianeggiate è
divenuta DOC questo ci permette la tutela della denominazione di origine a
livello internazionale.
Il Prosecco era un vitigno (ora Glera) di antichissime
origini addirittura precedente alla colonizzazione dei Romani, come afferma il
Professor Dalmasso, avvenuta circa 200 anni avanti cristo anche se esso è
documentato soltanto dagli ultimi anni della Repubblica di Venezia e quindi
vive tra le colline trevigiane da almeno
300 anni. Nel 100 a.c. era avvenuta la centuriazione del territorio trevigiano
attorno a Treviso, Oderzo, Conegliano, Ceneda ed Asolo e i coloni Romani
avevano piantato sia in collina che in pianura le viti. Non è immediato
stabilire una data di inizio della coltivazione della vite
nella zona di
ConeglianoValdobbiadene, alcuni Poeti Latini passando in questa zona portano
testimonianza che già più di 2000 anni fa sulle colline di
ConeglianoValdobbiadene si coltivava la vite. Il Poeta Virgilio (70-19 a.c.) di
passaggio tra queste terre afferma:
“Adspice, ut, autrum silvestris raris
sparsit lambrusca recemis” “guarda come la vite
selvatica, la lambrusca, ha ricoperto qua e là la grotta con i suoi grappoli.
Pochi anni più tardi il poeta può invece cantare: “Lentae textunt umbracula
vites” “le viti flessibili tessono
ombre leggere”.
Un’altra importante testimonianza ci
viene da San Venanzio Fortunato originario di Valdobbiadene, vescovo di
Poitiers, che di Valdobbiadene afferma con nostalgia:”QUO VINETA VERNANTUR, SUB
MONTE JUGO CALVO, QUO VIROR UMBROSUS TEGIT SICCA METALLA” (“luogo dove
germoglia la vite sotto l’alta montagna, nella quale il verde lussureggiante protegge le zone più
disadorne”). Ciò testimonia che nel 500 sulle colline di ConeglianoValdobbiadene c’era una fiorente
viticoltura, ancora prima che arrivassero i Longobardi.
Un fatto importante che testimonia
l’importanza del vino di ConeglianoValdobbiadene, dal punto di vista economico,
si ha nel 1318 quando alcuni mercanti Tedeschi comprano a Conegliano 21 carichi
di vino con la condizione che il dazio fosse pagato dai venditori Coneglianesi.
Ma quando i Tedeschi partirono con il carico di vino e si diressero verso Serravalle
un emissario del Podestà di Treviso li fermò e dirottò la colonna con le botti
verso la città. Conegliano si lamentò subito con il podestà di Treviso
pregandolo di far restituire agli acquirenti il vino e i cavalli sequestrati.
La questione fu vagliata al Consiglio dei Trecento che aveva la facoltà
deliberativa e con 196 voti a favore e 27 contro il vino e i cavalli furono
restituiti ai tedeschi a patto che Conegliano pagasse il dazio. I vini di
ConeglianoValdobbiadene erano per affermazione di Bonifaccio, molto preziosi e
garantivano un buon reddito ai produttori della zona. Si ricorda nel 1532 il
passaggio di Carlo V per Conegliano, al quale venne offerto l’eccelentissimo
vino di Collabrigo e del Feletto. Nel 1500 Venezia comprese che era più
conveniente rifornirsi di vino nella terraferma veneta, trevigiano, padovano,
friuli, rispetto alla puglia e alle isole greche. Barche cariche di botti di
vino arrivavano a Venezia dal Piave, dal Brenta, dal Sile, dal Livenza
quotidianamente e andavano alla mensa dei veneziani. In questi anni i mercanti
della Serenissima compravano grandi quantità di vino a Conegliano cercando di
frenare in ogni modo le esportazioni verso il centro europa, con interventi di
natura fiscale. I produttori di Conegliano e del Felettano non volevano
assolutamente perdere i mercati tedeschi, floridi da secoli, ne veder diminuito
il flusso del proprio vino verso il centro europa a favore di Venezia. Nel 1544 il Consiglio della Magnifica Comunità
di Conegliano aprì addirittura una vertenza con il rettore veneziano Giacomo Gabrielli
inviando ambasciatori a Venezia perché fossero rispettati gli antichi
privilegi, sottolineando “di quanta importantia et momento sia vender li
vini di monte di questo territorio quali per la maggior parte sono allevati e
comprati da tedeschi con utile universale di questa terra”.
Per gli
abitanti di Conegliano e dei colli vicini il vino era diventato nel tempo il
prodotto più importante quasi loro stendardo di nobiltà per mostrarlo
all’intera europa. Nel 1574 al passaggio
di Enrico III Re di Pollonia che si recava a Parigi per essere incoronato Re di
Francia la comunità di Conegliano fece sgorgare per un giorno intero dalla
fontana del Nettuno il vino bianco dei colli. Già 150 anni prima il Doge
Francesco Foscari aveva citato in una Ducale del 6 novembre 1431 il vino bianco
e ottimo del Feletto. Infine nel 1606 Zaccaria Contarini in una relazione al
senato veneto per indicare di quanta importanza fosse la produzione enologica
di Conegliano, stimava la produzione di vino bianco in 5000 botti annue che
andavano in gran parte in Germania e Polonia. La lenta e inesorabile agonia
della Repubblica di Venezia iniziata nel 1492 con la scoperta dell’America e
resa sempre più palese nel 1600 con lo spostamento progressivo dei traffici
commerciali dal Mediterraneo all’Atlantico. Il declino coinvolse nel 1700 anche
la terraferma Veneta e per lo più il comprensorio di ConeglianoValdobbiadene fu
investito da un’ondata di gelo che fece morire gran parte del patrimonio
viticolo della zona. Nelle città a causa della crisi economica si andava
espandendo una volgarizzazione dei consumi che privilegiava i vini di bassa
qualità con ripercussioni negative nelle aree di produzione. Il 1700 è quindi
un secolo cupo per la viticoltura di ConeglianoValdobbiadene seppur fervido di
dibattiti e proposte nuove.
Questa è la terra del
ConeglianoValdobbiadene Prosecco DOCG e al di là delle molte leggende che ne
avvolgono le lontane origini, inizia di fatto con la nascita delle Accademie di
Agricoltura volute dalla Repubblica di Venezia sul tramontare della sua
millenaria vita. Tra queste quella di Conegliano nata nel 1769 come evoluzione
dell’Accademia degli Aspiranti fondata nel 1603 e proprio in un intervento
all’Accademia di Agricoltura di Conegliano il 26 febbraio 1772 il sacerdote Antonio
Del Giudice soffermandosi sulla “impurità e quindi la poca curabilità dei
vini delle colline di Conegliano afferma che questo difetto non è dovuto alla
natura del terreno ma all’imperizia dei fabricarli e alla cattiva scelta che si
fa delle viti, la cui moltiplicazione era la causa della mancata produzione di
vino puro e durevole”. I problemi evidenziati dal sacerdote erano evidenti
prima di tutto la negligenza dei padroni, cioè il loro disinteresse per i
possedimenti agricoli, lasciati privi di investimenti e di cure, e la scelta
delle viti da mettere in produzione. Vengono estirpate le viti poco produttive,
che producevano vini di elevata qualità, a favore di quelle più produttive con
grave danno per la qualità del prodotto. Nei resoconti di un intervento per
rinnovare e fissare le regole della vitienologia sempre nel 1772 in questa
accademia si legge che l’accademico Francesco Maria Malvolti, pone una domanda:”Chi
non sa quanto siano squisiti i nostri Marzemini, Bianchetti, Prosecchi,
Moscatelli, Malvasie e Grassari che in varie di queste colline si formano?”.
L’importanza della domanda sta nel fatto che è la prima volta che nominato il
Prosecco, che quindi è prodotto ed apprezzato da prima della seconda metà del
1700. Un altro intervento all’Accademia di Conegliano nel 1778 è del Conte
Pietro Caronelli che lamentava la diminuzione delle esportazioni in Germania
dei vini prodotti nella zona e proponeva di impedire l’accrescimento del
cattivo vino con il conseguente adacquamento del medesimo e invitava a
selezionare le viti da impiantare tra: Marzemina Nera, Bianchetta, Pignola nera
e bianca. Scartando invece le volgarmente denominate dell’Occhio e Verdise di
cui la prima da un mosto aspro mentre la seconda acqueo ed insipido.
Non si conosce quando e in che modo
l’antenato del Prosecco sia giunto dal Carso alle terre di
ConeglianoValdobbiadene, ma questa data può essere fissata negli ultimi decenni
di vita della Repubblica di Venezia, intorno al 1750. Mentre la Serenissima era
ormai al tramonto sorgono nelle colline di ConeglianoValdobbiadene nuovi
fermenti proprio in quel settore che da molto tempo appariva il più trascurato.
Il 1700 come detto è stato un secolo difficile per la vitienologia Trevigiana,
ma sul finire del secolo su sollecitazione della borghesia, sensibile ai
cambiamenti che proprio in quei tempi avvengono in Francia, nascono nuovi
propositi di rinnovamento nel settore. Il ruolo più
importante fu assunto dall’Accademia di Conegliano istituita nel 1769 come
evoluzione dell’Accademia degli Aspiranti fondata sempre a Conegliano nel 1603.
Queste accademie erano in sostanza dei circoli culturali formati da proprietari
viticoli, tecnici, studiosi ed intellettuali che si riunivano per dibattere i
comuni problemi con i massimi esperti del settore, catalogare in modo
sistematico i vigneti, la loro estensione, qualità e quantità di uva prodotta.
In una di queste assemblee nel 1772 viene citato per la prima volta
dall’accademico Francesco Maria Malvolti il Prosecco. Il Prosecco nasce da
un’uva non autoctona perché tornando agli interventi di Del Giudice e Caronelli
all’Accademia Agraria di Conegliano non si trova nominato il Prosecco tra i vecchi
vitigni delle colline di
ConeglianoValdobbiadene. Non ci sono per ora arrivati documenti del
passaggio del Prosecco dal Carso al ConeglianoValdobbiadene, ma nel 1772 il
Malvolti la considera come uno dei vini prodotti nella zona e questo fa pensare
che fosse qui coltivato da diversi anni. A ricordarlo è anche il reverendo Del
Giudice che lo considera uno dei migliori vitigni insieme alla Bianchetta e
alla Marzemina. Fatto di importanza storica se si considera che ancora oggi la
Bianchetta è coltivata tra le colline di ConeglianoValdobbiadene e rappresenta
la continuazione storica che fin dal medioevo ha fatto del bianco di ConeglianoValdobbiadene uno dei più richiesti ed apprezzati.
Mentre il Prosecco è diventato lo spumante Italiano più famoso, oltre che ad
essere principe assoluto delle nostre colline. La caduta della Repubblica di
Venezia del 1797 non intaccò nei viticoltori e nelle autorità la voglia di
rilanciare la viticoltura ed enologia del ConeglianoValdobbiadene. In seguito
al Congresso di Vienna del 1815 l’imperatore dell’Austria-Ungheria, succeduto
al governo del Lombardo Veneto, alla Repubblica di Venezia e poi a Napoleone,
spinto dalla necessità di conoscere il patrimonio viticolo della regione da
incarico al Conte Pietro di Maniago di formulare un catalogo dei vitigni
coltivati, che questo gli consegnerà nel 1823. Maniago cita per le colline di
ConeglianoValdobbiadene la Perella, la Pignoletta bianca, la Verdisa lunga(strascalone),
dell’Occhio, Marzemino nero e Prosecco.
Verso
il 1850, quando queste terre appartenevano ancora all’Impero Austro-Ungarico,
lo studioso Gian Battista Semenzi a proposito dei vini prodotti nel ConeglianoValdobbiadene afferma:” Nelle
colline le uve producono i squisitissimi vini bianchi sono: la Verdisa, la
Prosecca e la Bianchetta. Questi vini venivano venduti in Carinzia e in
Germania cioè in quella Mitteleuropa di cui il Veneto faceva parte integrante. Alcuni
anni dopo la nascita dello stato Italiano(1861) il parlamento decide di
redigere un’indagine sulle condizioni dell’agricoltura italiana “Inchiesta
Jacini”. Per il territorio di ConeglianoValdobbiadene i ricercatori consigliano
di estirpare i vecchi vigneti e sostituirli con altri di qualità superiore.
All’epoca si producevano nel comprensorio di ConeglianoValdobbiadene 25000 hl
di Verdiso, 6600 di Bianchetta, 3800 di Boschera e 3200 di Prosecco che quindi
era un vitigno del tutto secondario. Alcuni anni più tardi nel 1868 grazie
all’impegno del Dottor Antonio Carpenè e dell’Abate Felice Benedetti,
presidente del Consorzio Agrario di Conegliano, viene fondata sempre a
Conegliano la Società Enologica Trevigiana. Questa nuova istituzione fu di portata
dirompente per l’ancora stagnante viticoltura Trevigiana innescando una
rivoluzione vitivinicola i cui frutti positivi iniziano ben presto a farsi
vedere, specie per il Prosecco che verrà allevato sempre più in purezza, mentre
prima era misto con altre varietà. I mertiti di aver dato inizio alla storia
moderna del Prosecco vanno al Conte Marco Giulio Balbi Valier che negli anni
sucessivi al 1850 aveva isolato e selezionato un clone di Prosecco migliore
degli altri, individuato ancora oggi come “Prosecco Balbi”. Il Conte da alle
stampe nel 1868 un libretto composto “Per le auspicatissime nozze
Bianchini-Dubois” in cui descrive le proprie coltivazioni che si trovano a
metà tra Conegliano e Valdobbiadene a Pieve di Soligo. Egli scrive:” un quarto
delle suddette Pertiche cen.380, non potendosi con esattezza precisare la
quantità è tutta a vigneto, che piantai a viti Prosecche, più sicure ed
ubertose di ogni altra qualità, e che danno un vino bianco sceltissimo, pieno
di grazia e di forza”. Nasce dunque in questi anni la moderna avventura di un
vino che in un secolo ha saputo conquistare il mondo grazie alla perizia di
viticoltori, vignaioli ed istituzioni che lo hanno saputo esaltare al meglio. Va
ricordata la Scuola di Viticoltura ed Enologia di Conegliano nata nel 1876 come
erede della Società Enologica Trevigiana. Questa scuola concepita da Antonio
Carpenè insieme a Gian Battista Cerletti ha avuto tra i suoi docenti più noti,
personaggi di altissimo prestigio internazionale come Arturo Marescalchi,
Giovanni Dalmasso e Luigi Manzoni i quali posero le basi per la moderna Scienza
viticola ed enologica. Marescalchi fu
chiamato al governo come sottosegretario all’Agricoltura, Dalmasso fondò
l’Accademia della Vite e del Vino e fu preside della facoltà di Agraria
dell’Università di Torino mentre il Manzoni realizzò quei felicissimi incroci
che tramandano il suo nome, legato a vini davvero eccellenti. Questa scuola ha
rappresentato il volano per lo sviluppo enologico non solo del
ConeglianoValdobbiadene ma dell’intera viticoltura italiana. Allievi usciti da questa
scuola sono andati nelle più importanti aziende italiane, ed estere come:
Sudafrica, California ed Australia. L’impostazione della Scuola Enologica di
Conegliano è di tipo Universitario non limitandosi a trasmettere la più
avanzata cultura Enologica, ma indirizzando gli allievi nel campo della
ricerca. Proprio questo settore risultò vincente, la realizzazione di nuovi
vigneti sperimentali per allevare nuovi vitigni, descriverli e ammodernare le
tecnologie d’impianto e produzione per combattere le malattie e migliorarne gli
sbocchi commerciali I primi anni di attività didattica della scuola mise in
luce la necessità di approfondire il campo della ricerca dopo che malattie
come la filossera, oidio e peronospora
oltre che la Prima Guerra Mondiale avevano devastato la viticoltura del
ConeglianoValdobbiadene, colline occupate per un anno intero dalle truppe
Austro-Ungariche. Dopo la guerra i produttori e docenti sentivano il bisogno di
una nuova Istituzione dedita in maniera specifica alla ricerca scientifica e
capace di risolvere i problemi quotidiani dei viticoltori. Di questa esigenza
presero atto i professori Giusti e Dalmasso che studiarono la struttura da dare
alla nuova istituzione. Nacque così nel 1923 la Stazione Sperimentale di
Viticoltura ed Enologia di Conegliano la quale, unica nel suo genere, fu
diretta dal professor Giovanni Dalmasso con la collaborazione di altri due
grandi scienziati, Italo Cosmo e Giuseppe Dall’Olio. Sulla scia di un’antica
tradizione iniziata nel 1603 con l’Accademia degli Aspiranti, poi con
l’Accademia di Agricoltura nata nel 1769, quindi nel 1868 con la Società
Enologica Trevigiana, nel 1876 con la Scuola di Viticoltura ed Enologia ed
infine con la Stazione Sperimentale di Viticoltura ed Enologia, Conegliano si
pone all’avanguardia in italia per gli studi e le ricerche conservando fino ad
oggi il suo primato a servizio di una viticoltura di continuo sviluppo
qualitativo.
Ma è nell’ultimo dopoguerra che il
ConeglianoValdobbiadene esprime al meglio le sue grandi potenzialità. E’
concluso da poco il Secondo Conflitto Mondiale quando i più attenti viticoltori
di Valdobbiadene si organizzano per difendere, valorizzare la viticoltura
collinare e l’antica tradizione vitivinicola, costituiscono il 14 agosto 1945
la Confraternita dei Cavalieri del Prosecco. Questa Confraternita è sempre attenta a far conoscere ai
propri soci le indicazioni utili allo sviluppo della vitienologia collinare di
Conegliano Valdobbiadene, accogliendo le personalità più emineti dell’enologia
italiana come: Giovanni Garoglio, Italo Cosmo, Giuseppe Dall’Olio, Francesco
Fabbri senatore e ministro della Repubblica, Giuseppe Schiratti fondatore della
Strada del Prosecco e l’accademico Giuseppe Mazzotti noto per l’impegno a la
valorizzazione delle tradizioni e del patrimonio culturale ed artistico della
Marca Trevigiana. Emerge la necessità, oltre che avere le istituzioni e gli
uomini, di incidere sull’aspetto legislativo per migliorarne la qualità e
salvaguardare la tipicità del ConeglianoValdobbiadene Prosecco. Nasce così il 7
giugno 1962 il Consorzio di Tutela del vino ConeglianoValdobbiadene Prosecco
con sede a Villa Brandolini presso Solighetto di Pieve di Soligo. Da allora il
Consorzio opera con grande intelligenza e determinazione per difendere,
valorizzare e promuovere l’immagine del Prosecco facendolo conoscere non solo
in italia ma anche all’estero offrendo agli estimatori di tutto il mondo
caratteristiche inimitabili proprie soltanto della terra d’origine ossia
ConeglianoValdobbiadene.
Il risultato dell’impegno dei produttori e del
Consorzio di Tutela si fanno subito vedere tanto che nel 1963 Valdobbiadene
diventa ufficialmente capitale non solo del Prosecco ma dell’intero mondo dello
spumante italiano con la Mostra Nazionale degli Spumanti nella prestigiosa
Villa dei Cedri di Valdobbiadene, punto d’incontro tra tutti gli spumantisti
italiani fra cui quelli di Prosecco occupano un posto di tutto rilievo. Alcuni
anni più tardi nel 1969 il ConeglianoValdobbiadene conquista un altro
prestigioso risultato quando il comprensorio collinare ottiene la DOC e il
vitigno Prosecco il maggiore riconosciuto dal disciplinare di produzione. Quarantanni
dopo, luglio 2009 ottiene il massimo riconoscimento Italiano per un vino, la DOCG
denominazione di origine controllata e garantita. Questo riconoscimento viene
osservato sempre con maggiore interesse anche lontano dalla zona di produzione
e comincia ad essere richiesto nei ristoranti ed enoteche più esclusive di
tutto il mondo. In questi anni il ConeglianoValdobbiadene DOCG Prosecco Superiore
è divenuto lo spumante più richiesto in italia e nel mondo, grande vanto per un
vino davvero unico e come ha scritto Tullio De Rosa, ricercatore tra i più
preparati ed intelligenti e vero maestro dei giovani enotecnici usciti dalla
Scuola di Conegliano:
“dalle colline da cui nasce esso
diffonde la sottile malia su quanti lo ricercano nelle tiepide giornate di
primavera, quando il suo profumo di fiori, il suo profumo di miele selvatico si
mescola con i cento, coi mille profumi di fiori che allora innondano le rive.
Un calice di Prosecco, dal bel paglierino leggero, scrico di tinta, con qualche
perla gassosa che si svolge nel bicchiere, è un compiacimento, è un godere le
piccole gioie che ancora riusciamo a strappare alle preoccupazioni di tutti i
giorni. Così dev’essere un bianco: un invito a bere, un poco d’umanità a nostra
disposizione”.