venerdì 10 giugno 2011

ALTERNATIVA AL RAME: I FOSFONATI (PARTE 1)

Peronospora della vite 

I fosfonati sono Sali dell’acido fosforoso detto anche acido fosfonico (H3PO3) e vengono molto spesso erroneamente chiamati fosfiti. Quando l’acido fosforoso (H3PO3) è neutralizzato con una base, ad esempio l’idrossido di potassio (KOH), ne risulta un estere (K2HPO3). Il sale dell’acido fosforoso è un fosfito. Il derivato biologico dell’acido fosforoso è naturalmente un fosfonato. Un prodotto di decomposizione di un fosfonato è l’acido fosfonico.
Questo concetto costituisce una importantissima differenza nella definizione di Fosfiti e Fosfonati. In chimica organica, la differenza tra gli esteri del “vero” acido fosforoso e quelli dell’acido fosfonico diventa più marcata e più importante: i primi vengono detti univocamente fosfiti, gli ultimi fosfonati.
È noto che una soluzione di acido fosfonico ha grande efficacia contro le malattie fungine. I fosfonati inorganici hanno come forma base l’anione HPO32- che si combina con fosforo o sodio formando i relativi Sali. Negli anni Trenta del secolo scorso l’acido fosfonico venne utilizzato per cercare nuovi concimi. Negli anni Cinquanta vennero fatte analisi biochimiche da cui risultò che i fosfonati inorganici sono inerti nei confronti delle cellule viventi. Nel 1977 venne registrato il primo principio attivo da fosfonato inorganico: il fosetil alluminio che rilascia l’anione fosfito H3PO3- durante la degradazione all’interno della pianta. Nel 1986 in Australia dalla sperimentazione in campo aperto dei fosfonati inorganici si ebbe un gran successo e il principio attivo venne registrato. Da diverse ricerche condotte a cavallo degli anni ’90 è risultato che il fosfito di potassio ha la maggiore efficacia contro la peronospora dopo 3-4 giorni dall’infezione, e l’effetto è migliore sulle foglie rispetto all’uva. Il fosfito è molto attivo nelle piante, in quanto leggermente instabile e tende a reagire e ad avere degli effetti relativamente immediati. La molecola è totalmente idrosolubile ed è facilmente assorbita dalle piante sia attraverso le radici che le foglie. I fosfiti, oltre all’azione nutritiva, possiedono un’azione stimolante sulla vegetazione, stimolano inoltre le auto difese della pianta.

Meccanismi di difesa delle piante

L’evoluzione degli organismi vegetali ha creato vari meccanismi di difesa e resistenza ai microrganismi patogeni, sviluppati nel corso della loro esistenza. Le resistenze si classificano in: fisiche e biochimiche.

Le Resistenze fisiche sono riferibili con la struttura della pianta. Le resistenze biochimiche sono relazionate con la produzione di composti chimici tossici la cui sintesi è stimolata quando la pianta riconosce la presenza di un possibile patogeno.

Le Resistenze indotte si sviluppano in seguito all’attacco di patogeni. La pianta, inoltre, tende ad accumulare sostanze attorno all’infezione chiamate fitoalessine. Si tratta di composti antimicrobici di basso peso molecolare prodotti dalle piante in elevate concentrazioni in risposta a fattori di stress. Un esempio di esse sono i fenoli, i terpenoidi, i composti poliacetilenici e i derivati degli acidi grassi. Questi composti tendono a difendere in primo luogo la cellula colpita e in seguito la isolano con un anello di cellule morte attorno al tessuto colpito, evitando la diffusione del fungo e causando la morte della spora.

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