martedì 14 giugno 2011

LE VITI RESISTENTI

Nel 1845 in una serra vicino Londra viene scoperta la prima malattia fungina importata dal nord America, l’Oidio. Nel 1868 in Francia viene scoperto il temibile insetto della Fillossera e infine nel 1878 viene scoperta la Peronospora, anch’esso fungo importato dal nord America.
Queste tre disgrazie provenienti dall’America hanno modificato radicalmente la viticoltura Europea. Sino a questo periodo in Europa non esistevano queste malattie e la Vitis Vinifera regnava senza difficoltà, i viticoltori non dovevano certo fare alcun trattamento fitosanitario e la moltiplicazione delle viti avveniva semplicemente sotterrando parzialmente i tralci, era una viticoltura sostenibile, completamente naturale e non inquinante.
L’avvento di queste tre malattie fu un autentico flagello che rischiò seriamente di far scomparire la Vitis Vinifera dall’Europa. Grazie al sapiente lavoro di alcuni tecnici e scienziati le 3 malattie sono state in qualche modo e con dei costi economici e ambientali notevoli, arginate sino ai giorni nostri. Già da tempo ovviamente ci si rende conto che una viticoltura con massiccio uso di anticrittogamici non può essere una viticoltura sostenibile e si sta cercando delle soluzioni a questi gravi problemi, soluzioni che devono garantire in primis qualità almeno pari alla Vitis Vinifera. Questa è insuperata sotto l’aspetto qualitativo ma non possiede resistenze a malattie e parassiti animali, da qui l’idea di ibridare le nostre viti con quelle americane e asiatiche.

L’Incrocio

L’incrocio è l’unione fra individui di due varietà diverse della stessa specie. Gli obiettivi che si ricercano con l’incrocio sono: migliore resistenza alle malattie crittogamiche, adattabilità a climi diversi, qualità e costanza di produzione. È importante la scelta delle varietà da incrociare, la conoscenza dei caratteri e la loro trasmissibilità.

Metodologia

Viene scelta una varietà di sesso maschile o ermafrodita, si insacchetta prima della fioritura e scelta una varietà come femmina o ermafrodita che viene prima insacchettata e poi demasculata (castrata). La castrazione consiste nell’eliminazione con una pinzetta della caliptra fiorale e contemporaneamente anche delle antere, quindi le varietà vengono di nuovo insacchettate. Quando compare il liquido stigmatico si esegue l’impollinazione della varietà madre con quella padre, può capitare che la fioritura dei genitori non sia contemporanea richiedendo quindi tecniche particolari. I semi ottenuti dall’incrocio vengono stratificati in sabbia al freddo per 3 mesi, ottenendo una sufficiente germinazione, poi vengono messi in serra. I semenzali vengono messi in campo dove si attende 3-4 anni per avere la prima produzione e dare inizio alla selezione.

Ibridazione Interspecifica

Consiste nell’unione di individui di specie diverse, questo per ottenere degli ibridi resistenti a Oidio, Peronospora e Fillossera. Ma i risultati ottenuti da esperimenti svolti sin dall’inizio del 1900 non sono stati soddisfacenti e lo sono tutt’ora poco. Per creare un ibrido è necessario conoscere le combinazioni dei geni. Le informazioni genetiche arrivano dai 3 centri di origine della vite:
Centro americano:
a.    Vitis riparia  RESISTENTE A FILLOSSERA
b.    Vitis rupestris  RESISTENTE A FILLOSSERA
c.    Vitis berlandieri  RESISTENTE A CALCARE, SICCITA’ E FILLOSSERA
d.    Vitis longii o solonis  RESISTENTE A SALSEDINE E NEMATODI

Centro asia orientale:
a. Vitis thumbergii  RESISTENZA AL FREDDO 
b. Vitis amurensis  RESISTENZA AL FREDDO

Centro euro-asia: Vitis vinifera
a. le proles pontica occidentalis
b. le proles pontica orientalis
Con questo tipo di ibridazione si sono ottenuti ibridi produttori diretti parzialmente resistenti alla fillossera, devono essere innestati (abbiamo così la trasmissione di virus), e resistenti in parte alle malattie crittogamiche, necessitano quindi di un certo numero di trattamenti inferiore alla vitis vinifera. Sono piante vigorose, produttive, ma producono vino di scarsa qualità (aroma e sapore foxy-volpino-fragola), di basso grado alcolico, alta percentuale di alcol metilico. Dopo un secolo di tentativi che hanno dato risultati deludenti, per il fatto che nell’ibridazione artificiale si mischiano tutti i geni sia buoni che cattivi, si studia ora il genoma delle viti per individuare sui  cromosomi dove sono posizionati i geni che interessano, prelevarli e trasferirli alle nostre viti in modo da turbare il meno possibile l’assetto genetico della nostra varietà, ma conferendone però resistenza conservando la qualità. Nell’ultimo decennio gli ibridi sono molto migliorati, grazie al lavoro svolto in Germania dove si sono reibridati vecchi ibridi con Vitis vinifera, si sono ottenuti ibridi resistenti alle malattie crittogamiche e discreto livello qualitativo del vino. Vedi progetto Piwi (Pilzwiderstandfähig) portato avanti dal viticoltore svizzero Valentin Blattner.

La genetica moderna

La moderna genetica si affianca a quella tradizionale (selezione clonale, incrocio, ibridazione), per l’impiego di metodi avanzati di ingegneria genetica. Lo studio dei caratteri di resistenza mediante incroci e successiva analisi fenotipica che permette di capire se un carattere è monogenico o poligenico, è stata avviata ancora all’inizio del secolo scorso. La mappatura di questi determinanti in una mappa genetica(DNA della vite) è stata avviata da poco grazie allo sviluppo della biologia molecolare. L’avvento dei marcatori molecolare ossia una sequenza di DNA, apre una nuova strada al miglioramento genetico, sostituiscono l’analisi fenotropica con la selezione assistita da marcatori. Quando incrociamo una specie selvatica che ci porta un certo carattere (resistenza a peronospora, oidio, fillossera, siccità, ecc.) con una specie di Vitis Vinifera e poi re incrociamo l’ibrido ottenuto ancora con la stessa specie di Vitis Vinifera, vengono associati al gene che controlla il carattere voluto, dei marcatori molecolari che ci permetterà di predire quale pianta (ibrido) ha ereditato la maggior parte del genoma di Vitis Vinifera e il minor della varietà selvatica pur conservando il carattere selvatico di resistenza voluto. Una nuova generazione di incroci dove si cerca di mettere insieme resistenze multiple, capaci di tenere a bada più malattie e in grado di portare resistenze molto più durature di quelle che abbiamo ora. Questa nuova tecnica consente di ridurre notevolmente i tempi di ricerca e sperimentazione, può essere fatta dopo qualche mese di vita dell’individuo senza dover attendere i 3-4 dell’entrata in produzione, mandiamo in produzione solo l’individuo che a livello genetico presenta il profilo aromatico voluto.

Combinare le resistenze

La resistenza monogenica è destinata col tempo ad essere superata dal patogeno, per avere quindi una resistenza duratura dobbiamo combinare più resistenze per la stessa malattia (piramidizzazione). Lo studio che l’università di Udine per ora riguarda solo singole resistenze, tuttavia programmi che prevedono la Piramidizzazione sono già allo studio sia a Udine che a San Michele all’Adige. Per la resistenza alla peronospora sono stati identificati alcuni major genes: il primo è stato identificato nel 2003 su Vitis Riparia nel cromosoma 7 e 18 e su Muscardinia routondifolia, cromosoma 12. Per la resistenza all’Oidio sono stati trovati 2 geni: il Run1 su Muscandinia introdotto in Vitis Vinifera attraverso una serie di incroci e reincroci e mappato sul cromosoma 12, mentre il Ren1 è stato identificato di recente su Vitis Vinifera proveniente dall’Asia centrale e mappato sul cromosoma 13.

Lo studio dell’Università di Udine

Sono dodici le nuove selezioni di viti resistenti alle malattie create dall'università di Udine in collaborazione con l'Istituto di genomica applicata del Parco scientifico del capoluogo friulano che si apprestano a varcare i confini del Friuli per l'ultima valutazione in differenti aree viticole italiane. Sono state utilizzate le migliori linee resistenti ottenute dai colleghi europei di Ungheria, Serbia, Germania, Austria, Francia e sono state incrociate con vitigni di pregio (Sauvignon, Chardonnay, Merlot, Cabernet, Sangiovese, Tocai ecc.). Si tratta dell'ultima tappa prima della registrazione delle varietà presso il ministero delle Politiche agricole e l'avvio della licenza per la loro immissione sul mercato, previsto a fine 2012. Raffaele Testolin, ideatore del progetto assieme a Enrico Peterlunger e Michele Morgante dell'ateneo friulano hanno selezionato 6 viti a bacca bianca e 5 a bacca rossa ottenute mediante incrocio tradizionale e selezione basata sulle informazioni ottenute dal progetto di sequenziamento del genoma della vite. In questo caso, i benefici andranno non solo al settore vitivinicolo, ma all'intero sistema per effetto della riduzione dei pesticidi che queste nuove selezioni consentiranno, contribuendo a ridurre l'inquinamento ambientale. Le vinificazioni sono state effettuate nei laboratori dell'Unione Italiana Vini di Verona, laboratorio scelto dai ricercatori dell'università di Udine per le competenze e l'elevata professionalità dei tecnici di questa struttura.

Viti transgeniche dal passato la chiave per il futuro

L’importanza dell’argomento è epocale, con il progredire della scienza, in particolare della biologia molecolare potremmo arrivare nel giro di un decennio a coltivare effettivamente viti resistenti e di qualità. Non dobbiamo lasciarci prendere dall’emotività che in questi anni ha puntato il dito contro gli OGM nel nome della naturalità e genuinità dei prodotti, nonostante l’uso in tutta Europa di 68000 tonnellate/anno di pesticidi.
La Vitis Vinifera deriva della Vitis Silvestris selvatica, attraverso numerose variazioni genetiche, basti pensare che la Vitis Silvestris è sia maschile che femminile mentre la Vinifera è ermafrodita e che la sua struttura attuale è composta da 38 cromosomi contro i soli 7 della Silvestris. Altra importante mutazione genetica riguarda il Pinot Nero la cui mutazione ha dato origine al Pinot Grigio, Bianco e Verde. Altre mutazioni genetiche morfologiche sono all’ordine del giorno (zuccheri, aromi, grossezza dell’acino e del grappolo).
In conclusione, il miglioramento qualitativo dell’uva è stato sempre ottenuto con modificazioni genetiche ereditarie.
La Comunità europea permette di produrre vini a Denominazione solo per varietà di Vitis Vinifera, ma riconosce ad ogni stato membro la possibilità di autorizzare l’impianto di varietà interspecifiche a scopo di produzione o sperimentale. I paesi più intraprendenti sono Svizzera, Austria e Germania in cui questi vini non vengono visti come contrapposizione alla Vitis Vinifera ma come alternativa, viene dichiarato in etichetta che il vino viene prodotto da viti resistenti, come fa il produttore tedesco Klaus Rummel che coltiva le varietà resistenti da 22 anni nella sua azienda di 12 ha nella regione tedesca di Rheinland-Pfalz al confine con la Francia, il suo cavallo di battaglia è il Cabernet Blanc. Le varietà Resistenti o Transgeniche non devono essere viste come il soppravvento della globalizzazione sulla località anzi, la resistenza delle viti varia da zona a zona in base al clima locale, la resistenza è un carattere quantitativo la cui espressione dipende molto da fattori ambientali e la stessa modificazione genetica dipende dalla zona in cui le viti vengono poste a dimora.
La strada per la viticoltura futura è tracciata e deve essere necessariamente questa, sostenibile e a basso impatto ambientale, è solo questione di tempo e la scienza riuscirà a creare delle viti resistenti che produrranno vini di qualità paragonabile alla Vitis Vinifera, nazioni come Svizzera, Austria, Germania già le coltivano, ma in Usa e Australia la ricerca è ancora in uno stadio più avanzato nella ricerca della qualità. L’Italia le sta sperimentando. L’importante è continuare sulla strada della ricerca, altrimenti tra qualche anno ci troveremo ad acquistare barbatelle dal Nuovo Mondo che sino a qualche anno fà non sapeva neppure cosa fosse una vite.
"L’importante sarà, nei prossimi anni, uscire da un pregiudizio, riconoscere i problemi reali che la viticoltura ha e risolverli, non ci sono altre strade che risolvano veramente i problemi della viticoltura andando nel contempo verso la riduzione dei costi, la qualità dei vini e sostenibilità ambientale. Per gli ancora scettici e pregiudizievoli aggiungiamo che l’uso di anticrittogamici oltre ad inquinare l’ambiente rimane all’interno del frutto con una certa residualità che ogni anno viene monitorata dalle Regioni e se consideriamo altri settori da quello delle Mele (doppio dei trattamenti delle viti) a quello delle verdure  in cui i periodi di carenza degli anticrittogamici vengono sensibilmente ridotti per non compromettere il prodotto in prossimità della raccolta, cosa realmente mangiamo??? E le cause dell’insorgere di tante malattie??? Non è meglio sdraiarsi tranquillamente sotto una vite resistente a leggere un libro e a cogliere tranquillamente dell’uva non trattata??? Questa non sarà soltanto Viticoltura Biologica ma sarà una Viticoltura Moderna e Sostenibile!!!"

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